Basta provare una sola volta nella vita l’“esperienza” dell’incontro con la Sardegna, per restarne per sempre ammaliati. Un’isola “ruvida”, dal carattere aspro, verace, che odora di terra ed erbe di brughiera, che ha il sapore minerale delle cavità del suolo, che risuona dei venti che la sferzano da capo a piedi, ripulendo i cieli dalle nubi, forgiandone la forma, rendendola così drammaticamente, poeticamente, autentica.
Marta Fontana - artista cara a NUMA, con la quale ha all'attivo varie collaborazioni - ha fatto di questa esperienza la costante della propria vita, portando molta parte del sentire di questa “ruvida” e sincera terra dentro la sua ricerca artistica.
L’artista di origini padovane ha trasferito ormai vent’anni fa abitazione e studio nella cittadina di Carloforte, nell’Isola di San Pietro, a poche miglia dalla costa sudoccidentale della Sardegna. Da allora molte delle opere realizzate dall’artista hanno assunto il colore degli elementi che compongono l’isola - i rossi intensi delle ocre ferrose, i neri pastosi del manganese, o il blu brillante delle sue acque purissime - ma nel tessere il suo operato, se l’ordito è fatto da semplici filati o filamenti metallici, la trama è fatta della materia che compone un patrimonio intangibile: la memoria storica di un popolo, la testimonianza diretta o indiretta di chi, certe esperienze, le ha vissute sulla propria pelle, o ne tramanda il ricordo di generazione in generazione attraverso il racconto orale, o la conservazione di oggetti carichi di storie.
Conoscendo questa attenzione alla cura, questa dedizione alla parola nel lavoro di Marta Fontana, il Comune della “sua” Carloforte le ha commissionato la realizzazione di un “memoriale vivo”, in grado di omaggiare il lavoro di tanti uomini che a cavallo tra due secoli (l’Otto e il Novecento) sono stati l’emblema dell’Isola di San Pietro, testimonianza di un operato che ne racchiude al suo interno moltissimi altri.
Formiche di mare. Ai galanzieri, alla loro fatica di mare e di piombo, al nostro orizzonte.
Questo progetto imponente, nato nel 2020, verrà inaugurato, nella sua interezza domenica 30 giugno 2024: un’opera d’arte pubblica che andrà a risiedere sull’antico molo San Carlo di Carloforte.
Un’opera d’arte contemporanea, che non è “soltanto” una poetica installazione ma è una vera e propria opera relazionale, il compendio di un lavoro fatto da moltissime mani e voci le quali - guidate da Marta Fontana - hanno collaborato per mantenere viva la memoria di un sapere che ha forgiato la storia del luogo. E che negli ultimi mesi si è arricchito delle testimonianze e delle partecipazioni di numerosi protagonisti, che hanno resa viva, ancora una volta, una comunità.
Se l’Isola di San Pietro fosse un uomo, quest’uomo sarebbe un galanziere. Il viso solcato dal sole intenso, la pelle coriacea lustrata dalla salsedine, le spalle incrinate dal peso delle coffe - le tradizionali ceste intrecciate - caricate a braccio sulle schiene piegate di queste “formiche di mare” che, giorno dopo giorno, per anni, per decenni, conducevano per acqua i propri legni da Carloforte alle coste minerarie nel territorio del Sulcis Iglesiente e Guspinese, e ritorno, cariche del prezioso minerale. La galena, o galanza, nel dialetto carlofortino (che ha così poco di sardo e così tanto di ligure, da quando a metà Settecento la cittadina venne popolata dagli immigrati di Pegli che in un primo tempo furono mandati sull’isola tunisina di Tabarca): un minerale ricco di piombo, che veniva estratto nei numerosi siti minerari che costellavano le terre a sud ovest della Sardegna, e portato in capienti stive fino ai depositi sull’isola di San Pietro, in attesa dei bastimenti che l’avrebbero condotto ad altre lontane destinazioni.
Per la realizzazione dell’opera Marta Fontana si è ispirata poeticamente alla bilancella, un’imbarcazione dalle forme eleganti e sfilate, la quale - abbandonata la primaria destinazione d’uso per la pesca delle aragoste - veniva utilizzata dai galanzieri per il trasporto del minerale, solcando le acque del canale di Sardegna.
Le ordinate della barca, realizzate in acciaio Corten e poste a nudo sul Molo San Carlo senza il vincolo di un piedistallo, permettono a chi visita l’installazione di attraversarla, di avere la sensazione di ritrovarsi per un attimo nel ventre della barca.
La prua punta significativamente al mare aperto, mentre la poppa guarda al Cineteatro Giuseppe Cavallera, in onore dell’uomo che per tutta la vita lottò per la tutela dei minatori sardi, lasciando la sua Torino per la Sardegna e dando vita, a Carloforte, alla Lega dei Battellieri, condividendo le rivoluzionarie idee del socialismo.
Nella pavimentazione è stato scavato un sottile implivium, che dall'installazione corre lungo i basoli fino al margine del molo, consentendo all'acqua piovana di raggiungere il mare, e che ricorda il solco che lascia l’imbarcazione condotta in secca sulla spiaggia. I frammenti di galena pura e calcare grezzo che riempiono l’impluvium richiamano il lungo nastro delle cernitrici, dedite in passato all’epurazione del minerale raccolto.
A fianco dell’installazione principale, due importanti elementi di raccordo. Da un lato una panchina realizzata con assi di iroko (il resistente legno africano usato dai galanzieri dalla metà dell’800) e una rampa in acciaio Corten, attraversabile, permette di provare l’esperienza della camminata in bilico tra la terraferma e il mare che compivano i galanzieri; sul lato opposto, un elemento scultoreo, composto da un frammento di galena pura, poggiante a terra unicamente in uno spigolo di cubo, scolpito da un blocco di calcare grezzo, ricorda le pesanti coffe sorrette a fatica sulle spalle dei galanzieri.
Il 16 maggio scorso, a bordo di una bilancella storica, la Ruggero II, portata dal suo proprietario Salvatore Luxoro, l'artista ha compito un'azione performativa, dal profondo significato: spiegata la vela latina, solcando un mare che unisce, anziché dividere, Marta Fontana ha indossato il sarpaferu, la pesante camicia in fustagno che vestiva tradizionalmente i galanzieri, e la capisagna (il sacco di juta riempito di paglia che proteggeva le spalle dalle coffe cariche di pietre). Ha dato così vita ad un simposio in movimento, invitando nella traversata primi cittadini e assessori (in rappresentanza dei paesi di Carloforte, Buggerru, Iglesias, Fluminimaggiore, Arbus, Portoscuso) a fianco dei membri della Fondazione Cammino Minerario di Santa Barbara - ente che tramanda gli antichi cammini minerari valorizzando la bellezza di un territorio di grande ricchezza.
L'insolito equipaggio, sospinto da un vento vivace, ha dedicato il tempo della traversata tra Carloforte e Buggerru per ripercorrere la storia di questi uomini di fatica, fondamentali per l'economia della piccola isola, parlandone in una prospettiva di valorizzazione.
L'incontro fortuito con uno splendido esemplare di tartaruga marina (della specie Caretta Caretta) è stato interpretato dall'equipaggio come un ottimo auspicio per la prosecuzione di un progetto che ha a cuore la salvaguardia e la promozione di ogni aspetto di quel patrimonio, tangibile e intangibile, che rende questo territorio un unicum di altissimo valore.
Domenica 30 giugno a partire dalle ore 11, dal Molo San Carlo verrà consegnato alla cittadinanza di Carloforte l’esito di questo imponente lavoro corale, che l’artista, coadiuvata dalla curatela di Efisio Carbone, ha realizzato nel corso di quattro lunghi anni.
In questo arco di tempo la rete di relazioni tra cittadini, maestri d’ascia, storici, cultori della tradizione, istituzioni pubbliche e fondazioni private si è via via allargata, e l’artista e il corposo team che ha contribuito alla realizzazione dell’opera hanno tenuto traccia di ogni singola fase: un documento in costante aggiornamento (a disposizione del pubblico tramite qr code presso l'opera) raccoglierà le numerose esperienze, a testimonianza del valore della collaborazione, a tutela e salvaguardia di una memoria collettiva in grado di unire e suggellare nel tempo la storia di una comunità.
Ph courtesy l'artista Marta Fontana e Michela Mereu. Testo di Petra Cason Olivares
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